Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

giovedì 26 novembre 2009

Lettere dal Carcere a Munevvèr. Nazim Hikmet


In questa notte d'autunno sono pieno delle tue parole,

parole eterne come il tempo

come la materia parole pesanti come la mano scintillanti
come le stelle.

Dalla tua testa dalla tua carne dal tuo cuore

mi sono giunte le tue parole le tue parole
cariche di te le

tue parole,

madre le tue parole,

amore le tue parole, amica.

Erano tristi,

amare erano allegre,

piene di speranza erano coraggiose,

eroiche le tue parole erano uomini.

sabato 21 novembre 2009

Corriere della Sera, 14 novembre 1974 di Pier Paolo Pasolini

Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum". Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile. Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974. Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi. Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi. A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale. Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi. Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi. Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi. Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi. Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia. All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici. Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere. Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano. È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche. Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro. Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo. La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività. Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere. Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere. Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore. Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto. L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento. Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire. Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana. E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista. Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi. Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori).
Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.
Pier Paolo Pasolini.

lunedì 9 novembre 2009

"Peccatori" Fatti e Omissioni della politica italiana.Intervista ad Antonello Caporale

Antonello Caporale, storica firma di Repubblica, ideatore ed autore delle interviste “Senza Rete” pubblica il suo primo libro Senza Ciurme-Incontri straordinari sul barcone della politica nel 2006, volume in cui vengono raccolte tutte le sue interviste politiche.Nel 2007 continua la sua avventura di scrittore e saggista politico pubblicando Impuniti edito dalla Baldini Castoldi Dalai Editore, il primo libro in cui denuncia il sistema politico italiano incapace e sprecone.Il 2008 vede la pubblicazione di Mediocri , lucida analisi di una classe politica definita incapace e mediocre ma intoccabile, mediocri ma comunque primi della classe. Il potere delle stanze chiuse, le lobbiy italiane dove il talento pesa meno della giusta rete di relazioni.Con Peccatori, Caporale racconta fatti e omissioni del bel paese, indaga sul malcostume diventato un clichè quasi unanimamente tollerato. Italiani allo specchio in una società senza più dubbio critico, dove furbizia e gossip scandiscono le rassegne stampa dei tg, e occupano i titoli principali dei quotidiani nazionali, raccontando il costume e l’evoluzione di una società che vista dall’alto sembra un circo. IlBlogdiManu: Caporale, non c’è affezionato lettore di Repubblica che non conosca la Sua penna, sagace e pungente come quella del Cirano di Guccini. Ecco come Cirano in questo libro, ancora una volta stigmatizza il malcostume dei politici rampanti, portaborse, ruffiani e mezze calze.Peccatori è l’ epilogo narrativo di un filone saggistico cominciato nel 2007 con Impuniti e proseguito l’anno successivo con la pubblicazione di Mediocri? E’ l’apologia della decadenza morale italiana?A.Caporale: E' il segno di questo nostro cattivo tempo, è l'indice puntato contro l'Italietta, è indagata la responsabilità di ciascuno di noi. Noi non siamo sempre innocenti, spesso anzi collusi;IlBlogdiManu: Molti si chiedono se sia davvero stato il berlusconismo ad aver inficiato in maniera così perniciosa il livello morale di questo paese o se semplicemente, Berlusconi faccia alla luce del sole quello che tutti, sinistra inclusa, hanno sempre fatto tramando sottobanco? A.Caporale: Berlusconi conosce gli italiani meglio di chiunque altri. Li anticipa, funge da modello, sa sintonizzarsi. Conosce le virtù ma soprattutto i nostri vizi.IlBlogdiManu: Stiamo scivolando nel baratro o abbiamo già toccato il fondo, c’è un fondo?... Qual è il suo punto di vista sul futuro politico di questo paese?A.Caporale: Il fondo, come noi scopriamo sempre più, non ha fondo...IlBlogdiManu: Chi sono secondo Lei i Peccatori del PD? Che cosa ha fatto smarrire la bussola anche alla sinistra moralista di sempre ?A.Caporale: Gaber diceva: Non temo Berlusconi in sè. Temo Berlusconi in me. Il modello ha creato anche altrove, e persino nel Pd, forse inconsapevolmente, l'opportunità di emularlo.IlBlogdiManu: Esiste l’ombra di un Obama in Italia, o in questo paese non ne abbiamo bisogno?A.Caporale: Obama? L'Italia è il Paese dei mediocri. In Italia si vive attraverso le reti: tirano i fili in pochi. Si sale soltanto se si ha il biglietto in mano. Il biglietto del club, della cordata. Cordata, da corda: chi ha il permesso vi si aggrappa.IlBlogdiManu: Se come sottolinea nel suo libro, alla fine troviamo tutti il modo di farci perdonare, quale sarà la nostra redenzione? A.Caporale: Non troviamo il modo del perdono. Abbiamo semplicemente smarrito il senso del peccato. Il peccato, che qui bisogna venga letto come responsabilità individuale, semplicemente non esiste più. Ogni mio peccato è compensato dal tuo.
Tutti peccatori e nessun responsabile...

venerdì 29 maggio 2009

"La Danza della Realtà" di Alejandro Jodorowsky

Per chi ancora non avesse mai letto Alejandro Jodorowsky "La Danza della Realtà" edito da Feltrinelli è senza dubbio l’opera più completa. Nonostante sia difficile riassumere il pensiero di Jodorowsky in una sola sua opera letteraria, questo libro è senz’altro un viaggio dentro la vita di questo autore, scrittore, attore, regista e ricercatore, che scandisce la sua esistenza in un tempo immenso. Ricercatore di verità, filosofo, aspirante sciamano, artista eclettico, ha sempre avuto uno sguardo parallelo all’esoterico sulle cose della vita, una particolare sensibilità verso il paranormale dovuta forse all’infanzia difficile passata a compiacere un padre rigoroso legato alle sue origini russe e prigioniero delle sue insicurezze, o forse, agli incontri che il destino gli riserva e che lo porteranno ad evadere, a sentire un’inesauribile sete di sapere, di conoscere e di esperire. Il suo primo incontro con la poesia divenne il filo conduttore di tutta la sua vita, dal Cile decise di trasferirsi a Parigi dove prese parte al movimento surrealista e divenne grande ammiratore di Andrè Breton, successivamente fondò con Fernando Arrabal e Roland Topor il movimento del teatro panico. La sua esistenza è una parabola ascendente, gli incontri che la costellano sono tasselli di un mosaico ancora incompleto, lo studio dei tarocchi, il taoismo zen, la sciamana Pachita, il teatro panico, il suo rapporto con la religione, i viaggi e la regia, sono tutti elementi di infinite storie nella storia. Dopo esser stato assistente per diverso tempo di Marcel Marceau, fu autore di molte piéce teatrali, fra queste lo resero celebre La montagna Sacra e SantaSangre, ma fu anche fumettista per Moebius. Difficile racchiudere Jodorowsky in una sola definizione, la sua Psicomagia questa sorta di filosofia guaritrice che inventò dopo aver seguito per anni durante gli anni 60 la sciamana Pachita, guaritrice messicana, prende spunto anche dal surrealismo, è un linguaggio artistico che utilizza simboli inconsci, l’atto psicomagico che suggerisce ai suoi interlocutori è in realtà un gesto poetico in apparenza illogico, ma di dirompente impatto emotivo. In questo libro racconta di quando si rivolse a lui per essere guarito dalla depressione attraverso la psicomagia un grande attore italiano, di cui Jodorowsky non svela il nome, ma nella breve descrizione che ne fà è facile intuire la figura del grande Vittorio Gassman, il quale si rifiutò di eseguire l’atto psicomagico alla lettera per come Jodorowskj suggeriva, e questo rifiuto divenne la rivelazione stessa della natura della sua depressione, la sofferenza scatenata dall’essere prigioniero di una etichetta, di un nome, il suo. E’ seducente pagina dopo pagina, lasciarsi assorbire dai suoi racconti di vita, dalla sua analisi introspettiva che lo porta con avida curiosità a ricercare il senso delle proprie azioni, anche il più scettico razionalista non potrà fare a meno di scavare dentro questo libro fino alla fine, affascinato da come Jodoroswky leghi gli accadimenti della sua vita ad un fatalismo illuminato distante da una visione semplicemente religiosa, semmai quasi apparentemente in contraddizione con essa, ma senza discostarsene mai veramente.
E’ un’autobiografia che si legge come un romanzo ma che di romanzato non ha nulla.

sabato 17 gennaio 2009

Giro di Boa...New York

Davanti a questo foglio bianco, con le parole in testa da riordinare..un viaggio ancora da realizzare, un giro di boa nei miei desideri.Arrivo a New York alle 19.05 del 31 ottobre, il JFK, un aereoporto come gli altri. L’attesa di un’ora per il visto, rilievo impronte digitali e biometriche e poi di fretta fuori a respirare l’America…Noi tre quasi in silenzio su quel taxi che in una notte stranamente calda ci porta a Manhattan, attraversando il Bronx e poi Harlem ed il Queens. Lo stupore deve ancora arrivare e noi stiamo con il fiato sospeso fino all’East River..fino ad intravedere da lontano le luci del ponte di Brooklyn.Ed ecco finalmente l’isola, questa meravigliosa isola metropolitana, ed eccomi su un’altra isola della mia vita..una delle tante che volevo vedere, una di quelle che stavano in cima ai miei desideri, una città che è anche un’isola, e fra tutte le cose che vorrei avesse il posto dove vivere per sempre ecco, qui, ne mancano forse soltanto un paio, che hanno a che fare con il cuore e con il palato…Appartamento sulla 51East Street a sole tre avenue dalla mitica 5Fth, in piena Midtown.Appena il tempo di liberarsi dai bagagli e ritorniamo per strada per cominciare a scoprire New York. E’ Halloween ed in giro è pieno di gente travestita e di feste nei locali, una delle prime immagini che si ferma come un frame nella mia mente in questa prima cartolina della grande mela, è quella di una coppia che attraversa la Madison Avenue cercando di fermare un taxi,lei è alta bionda capelli mossi, elegante, le spalle avvolte in un lungo cachemire da cui spunta una bellissima gonnellina in voile blanche, gambe nude e un paio di chanel ai piedi . Lui la tiene per mano, è un uomo maturo in smoking che con fare sicuro blocca il taxi apre la portiera e la fa salire su. Ecco ho pensato, non è Sex and The City..è Manhattan..è New York! New York che si rivela in questa notte calda si scarta come un cioccolatino, più m’inoltro tra le sue strade e più la sento mia, come se la conoscessi già, è una strana sensazione perché mi aspettavo di sentirmi piccola e persa davanti alla sua grandezza, e invece no…è un colpo di fulmine!E se l’amavo da prima di vederla ora non vorrei lasciarla più..Il jet-lag ci sveglia dopo poche ore, appena all’alba, la tradizionale maratona di New York si corre oggi, il Central Park è una tappa obbligata. Scivoliamo sulla 5fth camminando a lungo a piedi, arrivo sulla Broadway e m’infilo in un mercatino della domenica. Molta Italia su queste bancarelle, profumi e tanto altro di già visto. Sono ferma davanti ad una bancarella di cd di jazz e mi passa tra i piedi uno scoiattolo, spulcio tra le cose di un’afroamericana, sento l’odore degli hot-dog che arriva da un chioschetto e mi sale su un po’ di fame…Mi infilo in metro dalla Union Square e sbuco al Central Park, eccola qui l’America, eccoli qui tutti i newyorkesi, i turisti, i bambini, tutti fermi sul ciglio della strada ad incitare i maratoneti. I bambini giocano rotolandosi tra le foglie secche, c’è chi fa footing lontano dalla gara, chi morde un sandwich seduto su una panchina..è una domenica italiana al parco, solo che il Central è un quadro di Van Gogh..Ha dei colori stupendi che sfumano dal giallo al rosso, una vegetazione incantevole armoniosa e calda, insomma l’Autunn in New York ha un fascino tutto suo. La notte qui è scandita dalle sirene dei vigili del fuoco, è una città che arde evidentemente..Times Square è un centro commerciale all’aperto. La street forse più accecante, piena di luci, led maxischermi, mega pannelli pubblicitari, flash, è tutto un palcoscenico pieno di gente, teatri e cinema, Macdonald, Macy’s e I Love N.Y. L’orologio segna meno 55 giorni giorni al 2010.Ferma in un punto giro su me stessa con gli occhi all’insù, e penso cosa non ci sarà appeso su questi grattacieli, è impressionante la quantità di luci e messaggi pubblicitari che ti circondano, se questa è Las Vegas penso che possa aspettare, la N.Y. che mi piace è su altra avenue.Mi avevano detto che gli americani quando si svegliamo guardano il meteo piuttosto che affacciarsi dalla finestra, e in effetti qui il tempo è quanto mai variabile, ma la temperatura è soggettiva io ho il paltò addosso, qualcuna mi passa davanti imbacuccata ma senza calze, Prada docet, e poi c’è chi prende il suo caffè bollente da Sturtbucks in t-shirt come fosse agosto. Io mi adeguo, colazione americana, “caffè” americano bollente e muffin, poi ricomincio la perlustrazione. E’ un lunedì mattina, i newyorkesi corrono in ufficio, la mattina è piena di sole, il mio primo approdo oggi è Soho. L’odore della periferia, il mio fumettista Francesco, mi regala assorto questa frase, io l’annoto sulla mia moleskine e proseguo, spulcio, cerco, raccolgo nel mio sguardo questo scorcio di città meno patinata, ma più intrigante, piena di negozietti vintage chic, di giovani per strada, di una luce pomeridiana che la rende un fotogramma del primo Woody Allen. Le case con i mattoncini rossi e le scale antincendio, la gente naif, gli store di design, le gallerie di arte contemporanea un caffè, una chocolaterie,una boqueria e poi Balthazar.Io la bevo questa periferia, mentre Ale gode con la sua Nikon e maxi obiettivo in mano, è diventato l’Avedon della situazione. Una signora alla quale chiediamo un’ informazione, si ferma mezz’ora con noi a darci indicazioni, senza chiederglielo tira fuori la sua agendina e comincia a stilarci una lista dei migliori posti dove andare a mangiare. Sembra la guida michelin, do you like japanise?e noi yeees! E parte la prima nota, do you like wine? E noi of course! E scrive scrive..che alla fine io la guardo stupita, cotanta carineria senza chiederlo quasi, la ringrazio le dico che è stata gentilissima e lei mi risponde you believe!e poi ci saluta dicendo che il nostro è il più bel paese del mondo.
Greenwich Village, 4th avenue 10 street, Ippudo Japanise, un ristorante presente nella guida michelin 2010, fantastico, esperto in ramen, quella signora aveva proprio buon gusto non c’è che dire.Risaliamo e passiamo il pomeriggio al Moma, tappa obbligata, mecca dell’arte contemporanea. Io e Francesco ci perdiamo nel nostro viaggio nell’arte, più di una volta ci soffermiamo a cercare di interpretare un Alighiero e Boetti, arte concettuale, poi molte citazioni di Basquiat, fino a immergersi in una quantità infinita di Picasso, Magrit, Calder, Dalì. Infine il design immancabile, dove un gruppo di romani dietro di noi esclama “me sembra de sta a Ikea”!...Ed il MOMA ha tremato per un istante…5Fth Avenue, splendida in parte già illuminata dalle luci natalizie, Tiffany non posso perdermelo, anche se di fronte Bulgari m’ispira di più. Apple Center connessione gratis a tutte le ore dai loro fantastci mac, e mentre ne cerco uno libero lancio uno sguardo ai vari desk e non ce n’è uno che non sia aperto su Face! Ceniamo da Steack Restaurant nel Chelsea di fronte al Buddha Bar.
Dopo averti vista dall’alto, dal 67 piano del Rockfeller Center, è Brooklyn Bridge che m’incanta, in questa mattina di sole velato, cammino verso Broccolino con l’aria di chi va ad incontrare un mito americano. Il vento mi entrava nelle ossa ma al mio fianco c’erano i soliti due newyorkesi che facevano footing in pantaloncini e canotta. Gusto il panorama, scatto foto e scendo verso Wall Street, lascio la mecca della finanza per cercare Ground Zero, e quando arrivo davanti a questo immenso cantiere mi fermo un istante a ricordare le immagini di quell’11 settembre, guardo la ricostruzione e ricordo la polvere alta fino a coprire il cielo, intorno al perimetro del cantiere c’è esposto il progetto del nuovo World Trade Center, i rendering, il concept, e quello che sarà. Il futuro è quasi pronto e di fronte rimarrà sempre il museo della tragedia a memoria di tutti, una foto su tutte è più forte delle altre, l’immagine dello scheletro di una delle due torri, che sembra un moderno Colosseo in uno scenario di guerra…E’ ora di pranzo entro in un Burger King e faccio la fila insieme agli operai del WTC per comprare un hamburger, consumo il mio pranzo all’aperto seduta tra di loro sui gradini della nuova piazza che stanno già per completare. Viene fuori il sole mi scaldo un po’ e raggiungo il mare. Qui in questo posto che si tiene alle spalle la borsa più importante del mondo, un futuro da rimettere in piedi e subito dopo il mare, c’è anche una piccola rimessa per poche barche. Mi arrendo al sole che scalda, su una panchina, guardando sulla mia sinistra Coney Island con la statua della libertà e di fronte il New Jersey che sembra sia diventata la residenza della vecchia Little Italy, oramai scomparsa sotto l’invasione cinese. Incontro una madre genovese con la bimba,che vivono a N.Y. da 4 anni e mi confessa che questo posto davanti al mare dove ha abitato, è l’unico posto dove poteva affacciarsi e guardare il mare ricordando nostalgicamente la sua Genova. Risalgo per Tribeca, e rivado nell’East Village passando per Soho.Esco dalla metro e un ragazzo mi viene incontro per passarmi il volantino di Bloomberg, sindaco uscente, rieletto il giorno dopo per la terza volta. La politica mi segue come ogni mia passione…Vedi New York, ora che ti ho lasciata, stamattina sono stata da Ikea, e passando davanti ad una tua gigantografia sono affogata nella nostalgia…come se ti avessi vissuta tantissimo, e invece sono stati solo pochi giorni anche se intensi. I tuoi newyorkesi sempre belli ed eleganti di corsa la mattina con il caffè bollente in mano, le tue sirene accese tutta la notte, la tua eleganza, la tua accoglienza, il glamour dei tuoi party al FourSeason, quando le luci di Manhattan si allontanavano la sera che il taxi mi ha riportata in aereoporto, già mi mancavano. Ecco New York sei stata il mio giro di boa, come una lunga regata tra tutti i viaggi nascosti nei miei desideri, tu hai segnato il passo.
Pronta a virare di nuovo…