Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

martedì 22 marzo 2011

Le contraddizioni della coppia borghese secondo Franzen

“Freedom non c’entra niente con la mistica del destino che si intreccia con il concetto di libertà, la mia idea di libertà è una cosa più istintiva e intuitiva”, Jonathan Franzen non è citabile per sua stessa ammissione, non s’infila e non si fa infilare come un tassello in una categoria letteraria. Rifugge lo stereotipo, e ascoltarlo parlare di sé e del suo libro, è come guardare uno che fa di tutto per uscire dai panni dello scrittore e impersonare l’anti se stesso. Durante la presentazione del suo ultimo capolavoro letterario, così come è stato definito dal New York Times, mentre il suo giovane collega Alessandro Piperno, che lo introduce al pubblico, si dilunga un po’ troppo in sofistiche interpretazioni sul filo narrativo che lega l’ultima fatica letteraria di Franzen al suo capolavoro assoluto Le Correzioni, best seller vincitore del National Book Award, Franzen come se si trovasse al Letterman Show esordisce con una battuta, ammicca al pubblico, dissacra sarcasticamente sé stesso, gira ironicamente attorno alle domande, come se l’ammirazione degli altri quasi lo infastidisse.
Nove anni dopo il celebre Le Correzioni, diventato quasi istantaneamente un classico della letteratura, nel suo ultimo libro Franzen affronta ancora una volta le contraddizioni all’interno di una coppia borghese, colta, progressista, che vive nella provincia americana del Minnesota, con lo sguardo spietato di un osservatore esterno alla lente d’ingrandimento. Freedom affronta il tema della libertà attraverso i sacrifici che per essa si compiono, il tema dell’amore sacrificato sull’altare di quello stesso dogmatismo di cui è impregnata la fede religiosa. L’analisi dettagliata dei legami familiari, sempre al centro dei suoi romanzi, con le loro nevrosi e le loro idiosincrasie fanno pensare che ci sia qualcosa di personale in quel che scrive, e lui stesso ammette che “una biografia superficiale è sempre una biografia poco interessante”. I personaggi dei suoi libri traggono un po’ ispirazione dalla sua vita, e per quale scrittore non è così, la malattia degenerativa della figura di Alfred uno dei protagonisti de Le Correzioni, è la stessa di cui soffriva suo padre, la separazione, la perdita dei soldi, sono tutti strumenti narrativi autobiografici, che poi diventano tasselli di una storia a parte, ed è così che nasce il suo capolavoro. Franzen cela l’emozione quando parla dell’amico scrittore David Foster Wallace morto suicida qualche anno fa, a causa della forte depressione di cui soffriva, e subito dopo aver risposto ad una domanda del pubblico sull’argomento, ringrazia il pubblico di non aver applaudito unanimamente alla sua pausa emotiva. Come se volesse dire, insomma ragazzi anche una presentazione così formale non è un buon motivo per non dire fino in fondo ciò che si pensa. “Io non stavo cercando di scrivere un libro politico” dice Franzen durante l’intervista, ma le parole di Walter uno dei personaggi del suo ultimo libro sembrano proprio una denuncia politica quando dice “La gente è venuta in questo Paese o per il denaro o per la libertà. Se non hai denaro, ti aggrappi ancora più furiosamente alle tue libertà. Anche se il fumo ti uccide, anche se non hai i mezzi per mantenere i tuoi figli, anche se i tuoi figli vengono ammazzati da maniaci armati di fucile. Puoi essere povero, ma l’unica cosa che nessuno ti può togliere è la libertà di rovinarti la vita nel modo che preferisci”.

Pubblicato su Il Futurista il 22.03.2011

giovedì 17 marzo 2011

Quest’Unità d’Italia controversa e snobbata da alcuni ministri della Repubblica italiana, ha quasi il profumo di un nuovo battesimo, mai come in questo momento storico si sente il bisogno di rimarcare la propria identità di italiani., di riscoprirne l’orgoglio e ritrovarne la dignità.
Per quelli della mia generazione questo è un paese che ti bistratta, che non ti vuole, che ti fa fuggire all’estero, che ci ha ipotecato il futuro, che ti fa vivere nella contraddizione eterna di essere troppo giovane ma anche troppo vecchio per cambiare le cose, che ti fa venire l’amarezza e non è facile da vivere. Eppure a volte, il senso di quest’appartenenza ti appare così lampante negli occhi di un immigrato, che quasi mi vergogno a non sentirmi fortunata anche solo di avere questa carta d’identità. Fino a domani, almeno, io sono una cittadina di una repubblica democratica. Fino a che la mia Carta Costituzionale sarà il valore fondante di uno Stato, io non sarò costretta a fuggire su un una carretta del mare, magari facendo il percorso inverso, dall’Italia all’Albania.
La mia unità d’Italia non è solo una celebrazione di fanfare e bande per la strada, è quella che finalmente sento palpitare durante tutte le manifestazioni in corso in questo periodo convulso, quella che manifesta in coro e che scende in piazza per riprendersi il Paese, quella di tutti i giovani che non vogliono andarsene, che qui vogliono vivere, studiare, lavorare e magari mettere su famiglia.
Rispetto ai francesi, ammettiamolo, si è sempre sofferto un complesso d’inferiorità nell’osservare una loro perseveranza e prontezza nella difesa dei loro diritti. Noi non siamo bravi come loro a difendere strenuamente ciò che ci è dovuto, a tenere alto lo sguardo sul livello etico di chi ci governa. E aveva ben ragione Massimo d’Azeglio quando disse che “S’è fatta l’Italia ma non si fanno gli italiani”. E la missione ancora oggi potrebbe definirsi incompiuta o con qualche rigurgito secessionista più che federalista di troppo. Gli italici sono ancora molto diversi fra loro, e anche la loro percezione dei diritti lo è. La scuola pubblica non è un diritto secondo tutti e tanto meno secondo il Ministro della pubblica istruzione che ammette candidamente di non “appassionarsi” alla causa, vivere in un paese senza il rischio nucleare non è un diritto secondo tutti, avere un lavoro dignitoso non è un diritto uguale per tutti. Parafrasando Gaber io mi sento italiana e per fortuna o purtroppo lo sono, ma la mia carta d’identità non mi garantisce il pieno godimento dei diritti civili così come dovrebbe. Questo tricolore che divenne il simbolo della Giovine Italia Mazziniana, recava su entrambi i lati delle scritte, da un lato riportava “Libertà Uguaglianza Umanità” e dall’altro “Unità, Indipendenza”, 150 anni dopo gli italiani dovrebbe ritrovare il loro Mazzini, o semplicemente il senso di quelle parole e pretenderne il rispetto.

Pubblicato su Il Futurista il 17.03.2011

sabato 5 marzo 2011

La rivoluzione in Libia costituisce una minaccia per l'economia italiana. New York Times 5 Marzo 2011


Di Rachel Donadio

In risposta alle tattiche assassine delle milizie colonnello libico Muammar Gheddafi contro manifestanti disarmati, gli Stati Uniti e l'Unione europea hanno annunciato misure per congelare i beni del governo, e la Corte penale internazionale ha aperto un'inchiesta sui crimini possibile contro l'umanità.
Ma l'Italia - che ottiene quasi un quarto del suo petrolio greggio e il 10 per cento del suo gas naturale dalla Libia, ha miliardi di dollari in contratti lucrativi con il governo libico e riceve altri miliardi in investimenti libici - ha trattenuto il congelamento qualsiasi attività.
I funzionari dicono che sono in attesa di una risposta "coordinata" da parte dell'Unione europea sul fatto che la misura si applichi solo ai fondi sovrani libici, una sentenza che l'Italia, ha detto, sperava arrivasse al più presto la prossima settimana. Con la Libia in fermento e il colonnello Gheddafi aggrappati al potere, nessun paese ha più in gioco dell''Italia, che si trova nella posizione più complicata diplomatica degli ultimi decenni, tirata tra il suo impegno verso la NATO e diritti umani e i suoi scramble per proteggere i propri investimenti in una Paese che è tornato ad essere un paria."La Francia ha Tunisia, Spagna, Marocco e l'Italia la Libia," ha detto Emma Bonino, membro della opposizione di centro-sinistra, che siede nel Senato italiano per gli affari esteri. Lei oppose al trattato bilaterale tra Italia e Libia nel 2008.
Dal 2004,quando le Nazioni Unite sollevarono un embargo commerciale che era stato imposto dopo il bombardamento di una discoteca tedesca da parte della Libia nel 1986, l'Italia è il principale esportatore dell'Unione europea di armi verso la Libia, secondo i dati dell'Unione.
La sua compagnia energetica politicamente influente, l'Eni, ha decine di miliardi di dollari investiti in Libia. L'Italia è anche il più grande partner commerciale della Libia, e le aziende italiane stanno costruendo una strada costiera e hanno contratti in costruzione, ferrovie e fibre ottiche.
Perdere, significherebbe lasciare «un tributo enorme economico", ha dichiarato Andrea Nativi, il redattore capo della Rivista Italiana Difesa, la pubblicazione difesa leader in Italia. I legami sono in entrambe le direzioni. Libia, attraverso la Libyan Investment Authority e la Banca centrale libica, ha una quota del 7,6 per cento nel UniCredit banca italiana, e il governatore della banca centrale, Farhat Bengdara, risiede ai margini di UniCredit. investitori libici hanno anche una quota del 2 per cento nel settore aerospaziale e della difesa italiana Finmeccanica, una quota inferiore al 2 per cento in Fiat, una partecipazione in un ramo di Telecom Italia, e del 7,5 per cento della Juventus Calcio Club Torino. Libia Banca UBAE, che si occupa di petrolio del paese e le transazioni di gas in Europa, ha la sua sede a Roma.
Questi legami possono contribuire a spiegare perché il primo ministro Silvio Berlusconi è stato lento a condannare la sanguinosa repressione del colonnello Gheddafi. Quando il conflitto è cominciato il mese scorso, Berlusconi ha detto che non voleva "disturbare" il colonnello. Fu solo dopo diversi giorni che ha denunciato la violenza. E lo scorso fine settimana, ha detto che l'Italia non considera più il colonnello Gheddafi nel controllo della Libia. Più significativamente, la settimana scorsa l'Italia ha annunciato che aveva effettivamente sospeso il suo impegno sul "Trattato di Amicizia" con la Libia del 2008, che Berlusconi aveva propagandato come il suo più grande successo della politica estera, dal momento che la Libia era nel caos."L'Italia si stupisce perché l'accordo avrebbe dovuto salvarla, ma con chi parla adesso?" Ha detto Sergio Romano, editorialista politico ed ex ambasciatore. "Non si può rinnegare totalmente Gheddafi, ma non lo può sostenere perché è diventato impresentabile". In base all'accordo, che è stato negoziato da diversi governi italiani e passato con un ampio sostegno bipartisan, l'Italia ha promesso aLla Libia 5 miliardi dollari in 20 anni di modifica per il suo passato coloniale lì. In cambio, la Libia ha dato un trattamento di favore in Italia lucrativo dell'energia, delle infrastrutture e dei contratti della difesa. E 'inoltre impegnata ad arginare il flusso di immigrati clandestini dalle coste - un punto chiave domestico in Italia - con mezzi molto discussi da parte delle associazioni per i diritti umani. Ma il trattato ha avuto anche una clausola di non-aggressione insolita, in cui l'Italia ha promesso di non usare il suo territorio per atti ostili contro la Libia - una clausola di richiesta da parte della Libia, ha detto il senatore Lamberto Dini, un ex primo ministro italiano che ha contribuito a negoziare il trattato e ora è il presidente del Senato italiano per gli affari esteri. Gli analisti interpretano la sospensione del Trattato come un segnale dell' Italia di mettere le sue basi a disposizione in caso di intervento militare. Ci sono diverse basi degli Stati Uniti e basi NATO in Italia, e la Sesta Flotta degli Stati Uniti è abbastanza vicina a Napoli. Roma ha detto che approverà una no-flight zone solo con il sostegno della NATO e delle Nazioni Unite.
L'amicizia tra i paesi va indietro di un secolo, a cominciare con l'occupazione coloniale della Libia da parte dell' Italia nel 1911 e continua attraverso l'istituzione di una monarchia nel 1951 e la dittatura anticoloniale del colonnello Gheddafi nel 1969. Quando il signor Berlusconi ha vivacemente baciato la mano del colonnello in visita in Libia lo scorso marzo, il momento ha rivelato qualcosa di più che il legame personale tra due dei leader più colorati del mondo.
Essa riflette decenni di stretti legami.