Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

giovedì 20 settembre 2012

Elucubrazioni da Social Media


Che ci faccio qui? È la domanda che ripetutamente ti gira in testa, ma l’accantoni un attimo dopo l’ultimo post lasciato dalla stessa persona che followi su twitter. Non te ne sei nemmeno resa conto, non sai nemmeno come hai fatto, ma stai esattamente a metà del tunnel:buio da un lato e buio dall’altro lato. È peggio del crack ammettilo, tutte quelle elucubrazioni, tutte quelle battute che ti rubano il tempo..spasmi. Spasmi di attività cerebrali.

E poi ammettilo, ti è venuta la sindrome del follow che una volta si chiamava voyeur, e tale resta nella sintesi e nel contenuto. In questo delirio di parole, di seguaci e seguiti che cinguettano fra di loro, tu non sai più che farci. Ti stanno quasi venendo gli attacchi di panico, non riesci a credere che le notizie le dia prima Twitter e dopo Repubblica. Che non c’è più religione, se uno che si credeva uno scrittore, in cinque minuti passa dall’adorazione dei suoi lettori, al massacro senza se e senza ma del primo intellettualoide, che twitta senza un nome vero, e con la foto di una scimmia piuttosto che del suo cane. Ho ricominciato a tifare per FB, sì lo ammetto. Nella messinscena quotidiana dei propri panni stesi al sole, dello sfoggio di questo o di quel ruolo in questo maledetto teatro senza tavole di legno, senza nemmeno il rumore di un passo falso, FB snobbato e oltraggiato come la piazza ignorante dei social, è il mio centro sociale preferito. Il mio Brancaleone, fatto di persone e musica e video e gente che si parla e che s’incontra non solo qui.

Anche se ieri, e pure l’altro ieri, e pure l’altro ieri ancora, mi sono affacciata su una bacheca che conosco. Tutto quel muro sporco di like, e frasi a metà, e ammiccamenti, vanità, e poi discese umorali e risalite a botte di cinismo a singhiozzo. Mi riaffaccio e poi mi eclisso, io lì non ci vado mai, leggo ma poi mi nascondo. Guardo, intuisco, quasi mi avvicino a quel like, poi no. Mi ritiro, cambio pagina chiudo la porta, ricompongo i miei pensieri, ce ne lascio uno dentro come un pezzo di carta strappato, e fuggo via come un gatto. Non sei normale mi dico, e no che non lo sono. Ecco una di quelle cose che su FB è come restare appesi a un gancio, che se non ci stai attento ti buca pure la pelle. Quando una relazione si chiude, se per dispetto uno dei due non ha cancellato l’altro immediatamente, e si è rimasti amici su FB fingendo quell’elegante e masochistico senso di civiltà che fa tanto indifferenza apparente, succede, che poi anche se non lo vuoi, se non l’hai mai fatto prima, se sei uno di quelli che pensano: “ma figurati sai che mene frega!” con la spocchia di chi ha già voltato pagina, facendo 10 nuove e inutili amicizie al giorno, poi, se per sbaglio vuoi andare a vedere che succede sulla bacheca del tuo/a ex, è la fine.

Il giorno dopo ti conviene prendere appuntamento subito da uno psicoanalista. Non fare il duro, lo sprezzante, e il sufficiente, non sopravvive nessuno a quella tentazione, i più audaci arrivano a sospendere il loro account, fingendo di sparire per qualche tempo. Ritorno, ritorno presto, sai…-dicono agli amici- sono dovuto sparire per n po’, la facevo stare male, è meglio così. Un attimo dopo attivano l’account e si affacciano alla finestra, si prendono due o tre pugnalate e affogano la nevrosi in un pacco di Gitanes, immedesimazione esistenzialista che si traduce in un Gainsbourg al giorno postato sulla tua bacheca. Sono passati mesi, mesi e dico mesi, da quando hai tagliato i ponti. Ma sei rimasto lì su quella metà spezzata, invisibile all’altro, ma pure i fantasmi soffrono. L’ultima comunicazione fra di voi è stata calda come il tepore che t’investe quando hai finito di scongelare un telegramma al microonde, eppure cerchi invano tra le righe di un suo post una citazione, una virgola, una parola che possa essere riconducibile a te. E quando ti sembra di averla trovata, e stai lì che gongoli come se ti avessero appena dato un premio alla resistenza, arriva la mazzata finale:sì la citazione c’era, c’è, ma è perché pure l’altro si chiama come te…

Ci vediamo su twitter, che è meglio.