Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

venerdì 5 ottobre 2012

L'ebetismo del riccio


Ci sono giorni, in cui il mio vero io vorrebbe fare capolino come il leone della Metro Goldwin Mayer, anche con un po’ più di verve se possibile. Giorni, in cui l’istinto primordiale che ci portiamo nascosto dentro il cemento armato, sotto strutture di apparente civiltà, vorrebbe venire fuori come un dobermann. Giorni, in cui a tutti i libri che ho letto e che leggo, potrei pure dare la colpa e l’alibi alla mia latente follia.

Ricordate la scorbutica portinaia Renée dell’elegante condominio signorile di Rue de Grenelle n.7? L’eleganza del riccio è stato un libro rivelazione di qualche anno fa. Muriel Barbery, in quel libro, ha di fatto giocato con il mito borghese parigino, e tirato fuori questa figura onirica meravigliosa come un unicorno, che avrà incantato sicuramente tutto Saint Germain. Ma solo per un complesso di colpa.

Io abito a Prati, è la mia portinaia, moglie del mio portinaio, mi costa una considerevole cifra al mese. È riccia, antipatica, ebete. Le manca la parola, perché non sa rispondere al saluto, parla sempre al telefono della portineria, quello che paghiamo noi, e quando non telefona guarda la televisione. È una gatta moscia, sposata con Zeno, il portiere. Uno che s’è visto troppi film della Magliana, che c’ha i baffi anni 70 come si portavano nei film di Starsky e Hutch, e che non so perché, sfoggia sempre l’aria del bidello subito dopo la ricreazione.

Zeno, secondo me, non sa manco perché si chiama Zeno, ma si crede un dio. Parla solo romano con qualche variazione in italianese. Ossequia i notai, gli avvocati, i dentisti, i commercialisti e tutti quelli del palazzo, che hanno apparentemente il titolo scritto sulle banconote di cortesia che tirano fuori ogni tanto. A tutti gli altri, dà automaticamente del tu, e si rivolge in cialtronese.
Quando il bidello s’incazza, gonfia il petto, poggia un pugno sul fianco, e mentre la gatta ebete lo guarda, lui tira fuori tutta l’aria che ha dentro, e con il fiato che fete intima: «Io faccio le feci dell’amministratore hai capito!!». E si vede, ma soprattutto si sente pensai io.

Questa fu la sua dichiarazione di guerra ufficiale, all’indomani della quale, il mastino che è in me, decise che se pure dovesse durare quanto quella del Peloponneso…ne resterà solo uno.

L’ebetismo del ricco – prima puntata.