Pensiero del giorno

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domenica 24 luglio 2011

Viva tutto! Lorenzo, il mito pop si fa filosofo

Una fitta corrispondenza tra un cantante e un filosofo, può diventare un libro pieno di spunti culturali e creativi. Un fiume di parole “dal quale entrare e uscire” senza un inizio e una fine ma solo, facendo un tuffo dentro le riflessioni di due poeti della vita.
Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti e Franco Bolelli filosofo e scrittore, per un lungo periodo si sono scritti raccontandosi frammenti di vita, arte, cultura e suggestioni del mondo che vivevano. In un confronto che prende le forme di un fiume, a volte incessante, come i pensieri di Jovanotti uomo, padre e cantante, capace di inondarti con un flusso continuo di concetti. E dall’altro lato invece, c’è Bolelli, che accoglie le riflessioni di quell’eterno ragazzo, come un mare che placa le correnti. In questa Jam Session di parole, si parte da un dubbio e forse una paura, non esplicitamente ammessa: si può essere un’icona generazionale senza diventare vecchi? Le generazioni passano, si accavallano, e da Gimme five a Ora questo ragazzo di strada ne ha fatta tanta, “danzando sempre sulla frontiera”, che non è necessariamente una scelta da militanti, ma semplicemente da chi ha sempre sete di vita vera. Viva tutto! il libro pubblicato da Lorenzo «Jovanotti» e Franco Bolelli, è l’incontro lungo 490 pagine e nove mesi di gestazione, fra due mondi diversi. Dove c’è spazio per un confronto a 360 gradi che da Sanremo passa per i film di Robert Rodriguez, Valentino Rossi, fino a Gesù.

E questo mare di amicizia e complicità, che lo ascolta e lo stimola è nato molti anni prima, durante un festival organizzato a Milano da Franco Bolelli, dove Jovanotti è invitato e dove si ritrova in mezzo a gente come Tom Robbins, Giovanni Lindo Ferretti e Kevin Kelly.Questo flusso quasi quotidiano, di corrispondenza comincia a prender vita durante i mesi di preparazione dell’ultimo disco “Ora” di Jovanotti, che proprio in questi mesi è in tour. E la musica si sa, può catarticamente trasformare il dolore facendolo diventare poesia, superando gli abissi dai quali rischi di farti ingoiare quando perdi una persona cara. E uno che canta “la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare” lo sa com’è che si trasforma il dolore. Leggendo Viva tutto! Si capisce che il titolo è ispirazione e chiave di un libro, dove non c’è alcuna pretesa pedagogica, da guru della musica o esperti del pensiero Nietzschiano. Non c’è trama, perché la trama è semplicemente il vissuto, che non sempre e non necessariamente segue l’ordine imposto dai cardini stilistici di redazione. Eppure il filo è quello che ti porta nel retrobottega della vita di due personaggi.

E allora si scopre, quel che ci si può immaginare, la vita di un padre, di un viaggiatore, di un compagno di vita, e quella di un filosofo controcorrente che predica il concetto taoista di filosofia evoluzionista e ascolta i Radiohead. Viva Tutto! è un inno alla vita, Bolelli scrive: «Il solo modo per salvare il mondo, non è salvarlo ma vivificarlo, energizzarlo, fargli brillare gli occhi e muovere i fianchi e battere il cuore e potenziare i muscoli e scatenare i sensi». Ti ci ritrovi tanto in quei sogni da bambino raccontati da Lorenzo, è una di quelle cose a cui si pensa spesso, soprattutto quando superi la fase in cui ancora, la percezione del tempo che passa, è come la parentesi aperta e chiusa di un discorso che non ti riguarda. Quando vai oltre quella fase, ti succede eccome di pensarci, perché i desideri non sempre fanno il paio con la vita che fai. «É questa la vita che sognavo da bambino» scrive Lorenzo in una delle sue mail a Franco, ma non si riferisce al “successo”, che è pur sempre il participio passato di “succedere”, o alle canzoni. Perché da bambino, uno non sogna mai di fare il cantante pop, se non in una vita drogata da reality, ma sogna piuttosto, magari, di diventare un supereroe, un’astronauta, o tutt’al più Sandokan. Ma si badi bene, stiamo parlando di un bambino che guardava la Tv intorno agli anni 70/80 per fortuna. In questo passo del libro, Lorenzo spiega che è riuscito a ritrovare in questa vita, un po’ di quell’immaginario fantastico e pieno di energia che Sandokan e l’Uomo Ragno gli regalavano da bambino. «Un giovane è come un corridore sulla linea di partenza. Ha bisogno di allenatori che gli dicano che il percorso sarà duro e avrà degli avversari tosti, ma che ce la farà, che comunque sarà una gara pazzesca e lui deve mettercela tutta e andrà tutto bene. Di puntare a vincere, di puntare a godersi la corsa, che prima di essere una gara è una corsa. Oggi c’è bisogno di questo in Italia, di qualcuno che infonda entusiasmo, che trovi il modo per farlo, un modo qualsiasi.

Se c’è una cosa che i grandi del passato possono fare per noi, non è metterci in guardia ma aiutarci a trovare la nostra strada, sostenerci nelle scelte. Anche la poesia può fare questo, anzi forse nulla più della poesia può fare questo». È così che fiume in piena e mare s’incontrano, quando Bolelli sostiene il pensiero di Jovanotti amplificandolo: «Se un pensatore, un filosofo, uno che ha talento, non mi aiuta a guardare il mondo dalla parte delle opportunità, se non mi offre soluzioni per vivere meglio, se come dici tu non dice la parola che accende il desiderio di progettare un presente migliore, allora quel pensatore, quel filosofo, quell’artista di talento, non è all’altezza del suo compito più elevato».Vale la pena tuffarsi in questo fiume di parole, perché c’è dentro l’energia di due visionari, c’è l’attitudine alla vita che ti rapisce in quelle pagine. Jovanotti sarà solo il nome d’arte che si è scelto, però sembra che l “omen”, come sostenevano i latini, segua proprio il nomen nel suo caso. Perché è un’artista di quelli che respirano con gli occhi, visioni, tendenze e culture di mondi diversi, e te le regalano in una canzone, in un disco che porti a casa come una valigia piena di viaggi. Uno di quelli che riempiono gli stadi, e poi ti capita di incontrarlo in una notte d’estate che canta al Joes’s Pub dell’East Village, a New York. Sì che si marcia sempre su una linea di frontiera nelle sue canzoni, da Safari a Tutto l’amore che posso però c’è sempre di mezzo l’amore immancabilmente.

Un disco, quest’ultimo, scritto durante la dolorosa scomparsa della madre, e nel testo de Le tasche piene di sassi, è struggente l’innocenza di un bambino con cui Lorenzo la ricorda. È un disco che viene fuori sul palco, giocando con gli archetipi tradizionali, quelli che vanno dal clown all’eroe mitologico. Un costume di scena da supereroe, quello che la mattina dovremmo vestire tutti, «se vedessimo il sole come un grande occhio di bue sarebbe un bell’esperimento». E già Lorenzo, «i sogni che si fanno da bambini non dobbiamo realizzarli alla lettera: è il metabolismo che conta, l’attitudine verso la vita. Non diventerai tecnicamente un supereroe, ma puoi essere il supereroe di te stesso. Si dev’essere orgogliosi della propria vita, si deve fare di tutto per diventare orgogliosi della propria vita.». In fondo “il più grande spettacolo dopo il Big Bang” è proprio questo.

Manuela Caserta
Pubblicato sul magazine settimanale Il futurista

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