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martedì 24 maggio 2011

Bob Dylan: 70 anni di poesia musica e protesta sociale

Se dici Bob Dylan, dici blues. Ma anche country, jazz e rock. Non si può chiudere in una definizione un musicista polivalente come lui, che a 70 anni e 50 anni di carriera, ha spaziato tra generi ogni volta diversi. Contaminazioni creative, che hanno fatto di alcuni pezzi storici come Blowin o Like a Rolling Stone il simbolo della controcultura americana.

Ci sono tanti modi per arrivare alla musica, ma pochi passano prima per la letteratura. La gran parte dei cantautori, ti dirà che cantare era una vocazione innata, che fin da piccolo ascoltare i dischi in vinile di mamma e papà li faceva sognare. Bob Dylan no. Lui è arrivato alla musica passando prima da Brecht e poi da Kurt Weil. Robert Allen Zimmerman è uno, che quando si è scelto un nome d’arte, lo ha fatto ispirandosi alle poesie che leggeva di Dylan Tomas. Questo giovane canadese, con origini ebraiche, è figlio di un operaio della Standard Oil Company, che cresce ascoltando le radio locali che trasmettono musica folk e country, quella musica folk che Dylan farà diventare elettronica, contaminando il genere contro i puristi dell’epoca. Quando approda nella grande mela, comincia la sua lunga e folgorante carriera.

Negli anni 60 diventa per molti quasi un profeta, le sue canzoni di protesta sociale e battaglia politica ne fanno un mito, quando arriva a Woodstock è semplicemente il simbolo di una intera generazione. Era il 1963 e Dylan frequentava un altro pezzo di storia della musica country come Joan Baez. Entrambi erano il simbolo della lotta per i diritti civili, partecipavano a diverse manifestazioni e raduni, cantarono anche alla “marcia su Washington”, dove Martin Luther King pronunciò il suo celebre discorso “I have a dreams”. E come dimenticare A Hard Rain's a-Gonna Fall, uno dei suoi pezzi folk, più impegnati contro l’apocalisse nucleare. Dylan è sempre stato un innovatore, uno che passava da Woodstock a New Orleans, uno che scrive una intensa autobiografia nel 2004 dal titolo Chronicles, una lunga galleria di personaggi e vissuto, da qualcuno definita più che una autobiografia una “personal essay”.

Scrisse: “I think the truly natural things are dreams, which nature can’t touch with decay”, penso che le cose veramente naturali siano i sogni, che la natura non può toccare con decadimento. Ma a chi gli chiese se si fosse mai sentito un poeta rispose: “Se mi sento un poeta? Qualche volta. È parte di me. È parte di me il convincere me stesso che sono un poeta. Ma ci vuole molta dedizione. Molta dedizione”. Buon compleanno Bob Dylan.
Manuela Caserta

Pubblicato su Il futurista online il 24 maggio 2011

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