Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

giovedì 17 marzo 2011

Quest’Unità d’Italia controversa e snobbata da alcuni ministri della Repubblica italiana, ha quasi il profumo di un nuovo battesimo, mai come in questo momento storico si sente il bisogno di rimarcare la propria identità di italiani., di riscoprirne l’orgoglio e ritrovarne la dignità.
Per quelli della mia generazione questo è un paese che ti bistratta, che non ti vuole, che ti fa fuggire all’estero, che ci ha ipotecato il futuro, che ti fa vivere nella contraddizione eterna di essere troppo giovane ma anche troppo vecchio per cambiare le cose, che ti fa venire l’amarezza e non è facile da vivere. Eppure a volte, il senso di quest’appartenenza ti appare così lampante negli occhi di un immigrato, che quasi mi vergogno a non sentirmi fortunata anche solo di avere questa carta d’identità. Fino a domani, almeno, io sono una cittadina di una repubblica democratica. Fino a che la mia Carta Costituzionale sarà il valore fondante di uno Stato, io non sarò costretta a fuggire su un una carretta del mare, magari facendo il percorso inverso, dall’Italia all’Albania.
La mia unità d’Italia non è solo una celebrazione di fanfare e bande per la strada, è quella che finalmente sento palpitare durante tutte le manifestazioni in corso in questo periodo convulso, quella che manifesta in coro e che scende in piazza per riprendersi il Paese, quella di tutti i giovani che non vogliono andarsene, che qui vogliono vivere, studiare, lavorare e magari mettere su famiglia.
Rispetto ai francesi, ammettiamolo, si è sempre sofferto un complesso d’inferiorità nell’osservare una loro perseveranza e prontezza nella difesa dei loro diritti. Noi non siamo bravi come loro a difendere strenuamente ciò che ci è dovuto, a tenere alto lo sguardo sul livello etico di chi ci governa. E aveva ben ragione Massimo d’Azeglio quando disse che “S’è fatta l’Italia ma non si fanno gli italiani”. E la missione ancora oggi potrebbe definirsi incompiuta o con qualche rigurgito secessionista più che federalista di troppo. Gli italici sono ancora molto diversi fra loro, e anche la loro percezione dei diritti lo è. La scuola pubblica non è un diritto secondo tutti e tanto meno secondo il Ministro della pubblica istruzione che ammette candidamente di non “appassionarsi” alla causa, vivere in un paese senza il rischio nucleare non è un diritto secondo tutti, avere un lavoro dignitoso non è un diritto uguale per tutti. Parafrasando Gaber io mi sento italiana e per fortuna o purtroppo lo sono, ma la mia carta d’identità non mi garantisce il pieno godimento dei diritti civili così come dovrebbe. Questo tricolore che divenne il simbolo della Giovine Italia Mazziniana, recava su entrambi i lati delle scritte, da un lato riportava “Libertà Uguaglianza Umanità” e dall’altro “Unità, Indipendenza”, 150 anni dopo gli italiani dovrebbe ritrovare il loro Mazzini, o semplicemente il senso di quelle parole e pretenderne il rispetto.

Pubblicato su Il Futurista il 17.03.2011

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