Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

venerdì 28 gennaio 2011

Palamara: "Il metodo Mesiano non riuscirà ad intimidirci"

«Il metodo Mesiano non ci intimidirà»: si apre con queste parole la conferenza stampa dell’Associazione Nazionale Magistrati, tenutasi nella sede ufficiale dell’associazione, al sesto piano del palazzaccio a Roma. Un monito lanciato a chiare lettere dal presidente Luca Palamara, che ha immediatamente espresso solidarietà alla collega Boccassini, fatta oggetto di una campagna denigratoria proprio in questi giorni sulle pagine del quotidiano nazionale Il Giornale. Palamara giudica di «una gravità inaudita” l’attacco rivolto alla collega, che precisa, è solo una dei tre procuratori firmatari dell’inchiesta sul Ruby-Gate, che la procura di Milano sta conducendo, ma è diventata oramai da anni, il nemico da abbattere, la toga rossa, il capro espiatorio di tutti i guai giudiziari piovuti sul premier.
«Non ci scalfiranno, ribadiamo con fermezza che il tentativo posto in essere, già lo scorso anno, con riferimento al caso Mesiano, non ci farà arretrare di un millimetro», il presidente dell’Anm ribadisce più volte il concetto con forza, richiamandosi al caso del giudice della procura di Milano, che emise la sentenza Cir-Fininvest. In seguito al processo, Mesiano fu oggetto di un servizio mandato in onda su un programma di Canale 5, in cui il magistrato veniva ripreso durante momenti di vita quotidiana, e nel quale venivano descritti con morbosa curiosità gossippara il colore dei calzini che indossava, e il modo in cui fumava. Fatto che fu deplorato e denunciato come grave ingerenza nella privacy del magistrato, da parte di molte toghe, oltre che dall’Anm e dal presidente della Federazione Nazionale della Stampa.
La requisitoria dell’Anm ha stigmatizzato a lungo la prassi ormai consolidata da parte di certa stampa, di muovere la macchina del fango con il tentativo di delegittimare la credibilità e la serietà di magistrati di lungo corso, attingendo a fatti di vita privata, «finanche tirando fuori fatti di 30 anni or sono che nulla hanno di attinente con le indagini in corso».
L’altro capo d’accusa lanciato durante la conferenza stampa, è stato rivolto contro la propaganda sull’informatizzazione dei tribunali promossa ad inizio anno dal Ministro Brunetta e dal Ministro della giustizia Alfano, «la politica degli annunci, le continue conferenze stampa, del Ministro Alfano e del Ministro Brunetta - afferma Palamara - che pubblicizzano la piena informatizzazione degli uffici giudiziari si scontrano però con la dura realtà, che svelano la triste verità, ci sono uffici senza personale, senza computer e con i nuovi programmi in uso ancora in pochi circondari.-Palamara conclude - purtroppo dobbiamo usare solo una parola, la parola fallimento».
Giudici sul piede di guerra dunque, in trincea, pronti a smentire con dati alla mano uno per uno tutti i criteri su cui si basa la destrutturazione, in atto da parte di questo governo, del sistema giustizia a colpi di decreti legge. Smentito il costo sulle intercettazioni, smentita l’informatizzazione degli uffici giudiziari, e annuncia la pubblicazione di un Libro Bianco in cui redigerà lo stato degli uffici giudiziari in Italia, rendendo noto tutto quello che sul sito del Ministero della Giustizia non viene pubblicato.

di Manuela Caserta
Pubblicato su Fare Futuro Web Magazine il 27.01.2011


domenica 23 gennaio 2011

Joumana Haddad "Ho ucciso Shahrazade"


Si dice sempre di non giudicare un libro dal suo titolo, ma in questo caso un titolo così non può passare inosservato. Di questi tempi poi, l’evocazione della mitica ancella che sedusse lo Scià con le Mille e una Notte, sembra essere diventata il triste clichè dell’era berlusconiana. Joumana Haddad scrittrice poetessa e giornalista tra le più apprezzate nel panorama culturale arabo contemporaneo, lancia la sua provocazione dalle pagine di un libro, in cui racconta evoluzioni e contraddizioni di una società, che prende a prestito modelli occidentali, ma che rimane intimamente conservatrice e fedele ai suoi dogmi. Un libro sulla maturata consapevolezza che la vera parità fra i sessi si raggiunga senza negoziare ciò che già ci appartiene, una metafora simbolica sull’uso distorto della seduzione come mezzo di scambio «Per me quello che ha fatto Shahrazade è un’operazione di negoziazione con l’uomo che rappresenta l’autorità, per poter avere dei diritti che non dovremmo mendicare da nessuno».Nata a Beirut 40 anni fa, Joumana è responsabile delle pagine culturali del quotidiano libanese An-Nahar, dirige un magazine di letteratura arte e cultura, dal titolo Jasad che in arabo significa corpo, e il corpo è l’oggetto principale di tutte le sue copertine, trasgressione censurata dagli integralisti ma che riscuote successo e abbonati anche nella conservatrice Arabia Saudita dove il magazine viene venduto in busta chiusa.È stata definita da molti come la Carrie Bradshaw del mondo mediorientale, schietta, libera e audace nell’affrontare temi legati al corpo e all’eros, lei però, rifugge modelli e paragoni «non esistono modelli assoluti a cui ispirarsi, molto spesso i miei modelli sono donne comuni». Il "Ritorno di Lilith" è stato il libro che l’ha fatta apprezzare e conoscere in Italia, definita da lei stessa, oramai come la sua seconda patria, non si stenta a crederle ascoltandola parlare un italiano perfetto e anche forbito. "Ho ucciso Shahrazade", edito da Mondadori, è l’ultima fatica letteraria di una scrittrice e poetessa cresciuta leggendo autori come Cesare Pavese, Paul Eluard, e Garcia Lorca, si definisce una poetessa con le unghie, un modo per scavarsi dentro e anche un modo per scoprire il mondo.

Sguardo magnetico, carismatica ed elegante, la sua poetica traspariva chiaramente anche dalla graffiante lettera aperta ad Amos Oz, pubblicata sulle pagine del Corriere della Sera, di cui era corrispondente durante la guerra tra Libano e Israele nel 2006.

Un’intellettuale cresciuta in un paese che ha attraversato dolorosi cambiamenti, che è stato attraversato da guerre e dominazioni, dove non sarà stato sicuramente facile resistere, non fuggire, e affidarsi alla poesia come unica ancora di salvezza per conservare il bello che ci portiamo dentro.

“Ho ucciso Shahrazade” è un libro che racconta la condizione della donna in medioriente, dove l’emancipazione femminile può definirsi ancora a un livello embrionale, ma a ben riflettere, basta dare uno sguardo alla rassegna stampa italiana per trovare difficile scorgere la differenza fra i due mondi.

Di Manuela Caserta (Foto intervista di Roberto Arleo)

23 gennaio 2011

Pubblicato sul Web Magazine Fare Futuro il 23.01.2011
Pubblicato su Informare x Resistere il 27.01.2011

sabato 22 gennaio 2011

"Caro Oz, stanno pagando gli innocenti" - Lettera aperta di Joumana Haddad ad Amos Oz


BEIRUT - Mi siedo davanti al computer. Accarezzo lo schermo. È ormai la mia unica finestra sul mondo, il mio polmone elettronico. In ufficio non riesco più a lavorare di gusto. La cultura è adesso un lusso che mi sembra scandaloso. Inutile la pittura, inutile il teatro, inutile il cinema. Inutili le parole. «Cosa può fare la poesia per il mondo?». Ce lo chiediamo sempre noi poeti. «Miracoli», rispondo sottovoce a me stessa. Nonostante le mie sconfitte, sono convinta che ogni sogno che ci offre è un modo di salvarci. Leggo sul Corriere l' articolo dello scrittore Amos Oz. Rispetto il suo dolore, ma non è vero che «Israele prende di mira soprattutto l' Hezbollah». Israele sta demolendo sistematicamente le infrastrutture civili libanesi. Fa pagare a cittadini innocenti e impotenti il prezzo di una colpa che la maggioranza di loro non ha. È come se un medico decidesse di condannare a morte un paziente solo perché questo ha il piede o la mano in cancrena! Il governo libanese ha detto chiaramente di non volere questa guerra. Come può signor Oz, questa guerra a senso unico essere una «pura e semplice autodifesa»? Come può essere «pura e semplice autodifesa» attaccare i camion carichi di viveri? Come può essere «pura e semplice autodifesa» la distruzione delle centrali elettriche? Non ha detto lei che «il male è a volte abilmente camuffato da idealismo»? A casa dei miei amici Asaad e Colette, incontro Vincenzo, un italiano che ha rifiutato di essere evacuato. «Voglio rimanere qua e condividere la sorte della donna libanese che amo», mi dice con disinvoltura. Mangiamo, beviamo, ridiamo e dimentichiamo - o facciamo finta di dimenticare - la miseria che ci assedia. È anche questo il Libano, signor Oz: un' oscurità in cui risplende la luce.


Pubblicata sul Corriere della Sera il 19 Luglio 2006

sabato 1 gennaio 2011

E Se Domani...

Una nota di fine anno porta in sè sempre un po’ di incompiutezza, come qualcosa di irrisolto, o che ti è sfuggita durante l'anno..
Questo 2010, nato con due zeri in mezzo, è stato un anno cominciato su una fine promettente, il mio bellissimo viaggio a New York, un giro di boa nei miei desideri.
Poi di nuovo Parigi, Istanbul, Capri, Ibiza e così via lungo i miei inverni, nell'attesa di un' Estate come punto d'arrivo. E lì che si conclude il mio anno, è da lì che ricomincia.

Un anno attraversato, nel bene e nel male, come una promessa, e senza una premessa di lieto fine nelle sue stagioni.
L'imprevisto come risorsa, in effetti questo 2010 è stato un anno fatto di grandi inizi, ruzzolate, fondamenta e piccoli colpi di scena. Risposte poche, come in una kermesse teatrale, dove il dubbio è anche un po’ la morale della storia. Ricerca continua, di sé e degli altri, raccogliendo delusioni e belle sorprese, come quando la vita ti restituisce qualcuno o qualcosa che avevi lasciato un po’ di tempo fa in qualche anno addietro, come il capitolo di un libro incompiuto e abbandonato. Poi, per caso, si ritrovano le parole e la storia ricomincia.

Sono felice ogni anno che passa, di riuscire a portarmi dietro le persone a me care, quelle con cui sei cresciuta, che se pure non vedi per lungo tempo, al primo caffè insieme, le ritrovi lì dove le avevi lasciate senza interruzione di servizio. Più ricche dentro, più vissute e piene, quelle che appena ti racconti, ti leggono dentro, e parlare con loro è sempre come sciogliere i nodi e ritrovare serenità, un caffè che vale una seduta d’analisi, e che finisce sempre a ridere di sè stessi che fa sempre bene.

Il mio auspicio per il nuovo decennio che comincia, è trovare e ritrovare il senso di parole usate spesso con superficialità, il valore che ciascuna porta in sè.
Raggiungere l’equilibrio di un funambolo che cammina sul filo guardando la Luna ma ben attento a non cadere giù.

E se domani cado mi rialzerò.

Happy New Year!