Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

mercoledì 26 ottobre 2011

Palermo-Cefalù On Air A/R

“On-Air, che non significa “nta ll’aria”, potrebbe essere il titolo e il filo conduttore, di queste poche ma intense giornate in terra sicula. La battuta è copiata, e il copyright è della Blandeburgo (al secolo Stefania Blandeburgo), come la chiama la mia amica Giusi. La Blandenburgo è una stimata attrice di teatro, che conduce un divertente programma radiofonico, e in radio si sa, o sei On-Air o sei Off, un po’come nella vita.

Atterriamo a Palermo intorno all’ora di pranzo, nell’atterraggio sbircio il mare dal finestrino e quando esco fuori dall’aereoporto la luce chiara e calda dell’autunno siciliano mi apre il cuore. Nel tragitto che ci porta a Palermo, mentre andiamo incontro alla Conca d’Oro che abbraccia la città, e te la rivela appena ci entri dentro, ascolto distratta le chiacchere tra due amici siculi che si ritrovano dopo tanto tempo, intanto, fotografo con gli occhi, ogni angolo di cielo di questo scorcio d’isola. Fa caldo è una magnifica giornata d’autunno, e qui il sole t’illumina dentro, ti fa stare bene, e il tuo umore si allarga improvvisamente in un sorriso. Non ci tornavo da 5 anni, la prima volta la vidi in una calda notte d’estate, e già allora Palermo mi aveva sedotta, la ritrovo di giorno, in una stagione che le sta addosso come lo zucchero sui panuzzi.

Questa volta però, conto di vederla attraverso uno sguardo più profondo, quello di chi le appartiene, una palermitana d’eccezione,che di Palermo ha scritto tanto da lasciarci tra le dita, ancora il profumo di pagine unte di sole, gustose ricette siciliane, vortici familiari, passioni laceranti, addii e ritorni Almodovariani. Quando mi ha chiesto di accompagnarla a Palermo non ci ho pensato due volte, perché mi andava di tornarci da tempo, e dopo aver letto i suoi libri ancora di più. Sono sempre stata convinta che i viaggi come i libri, vengano a trovarti come i desideri, arrivano quando è il momento. E dunque eccoci qui, io che sono da anni un’eoliana d’adozione, ora mi lascio adottare anche da questa città, che ti si rivela come un’aristocratica e vecchia signora d’altri tempi. Lascio Giusi alle sue interviste, e nel pomeriggio assolato mi lascio condurre dalla mia pazza amica Monica, in giro in motorino per la città. Lo sguardo a perdere tra Piazza della Vergogna (con le sue statue tutte nude), il teatro Massimo maestoso e assolato, i Quattro Canti, una passeggiata alla Cala sul mare, tra le barche del porto turistico e una visita alla cattedrale dove è sepolto Federico II, colui che portò il sud a essere definito il Regno del Sole.

Il pranzo che ve lo dico a fare..involtini di pasta alle melanzane, sotto il sole ovviamente. Ho ancora l’eco nelle orecchie delle chiacchere di Monica e di quella parlata musicale, che usa il passato remoto e i verbi più di quanto lo si faccia normalmente, e penso: ma i siciliani non possono avere problemi con il congiuntivo tutt’al più con il futuro! Il tramonto mi porta a Cefalù, dove decidiamo di trasferirci per respirare l’odore del mare all’ora di cena. Superiamo Termini Imerese e le sue fabbriche con i coni di fumo lungo la costa, non puoi fare a meno di pensare a tutte le rivendicazioni operaie, alle loro speranze e paure. Attraversiamo un paesaggio a macchia mediterranea pieno di fichi d’india ricchi di frutti, ingoiati da un fascio di luce gialla avvolgente e ipnotica.

Ed eccoci nei luoghi di Manna e miele ferro e fuoco, approdiamo a Villa Romilda ospiti del “barone” Francesco. Appena sveglia con il mio solito calo ipoglicemico mi fiondo a fare colazione, e mi incanto alla vista di Cefalù dall’alto, il mare è fermo, il cielo è limpido, mi viene voglia di andare a fare un tuffo in quel blu, anche se è mattino presto e il sole non brucia. L’incanto si ripete sulla piazza principale del paese, dove io e la Torregrossa ci sediamo a godere di sole e caffè litigando per chi va a giocare la schedina al tabaccaio di fronte, mentre l’altra paga il conto, (tra meridionali sfilare lo scontrino dal tavolo senza che l’altro se ne accorga è una sfida incomprensibile per lo più, a chi è nato da Roma in su).

Da calabrese però, io ho sempre un po’ invidiato la capacità dei siculi di ammaliare il turista anche solo parlando, la Sicilia è una finestra sempre aperta sul mediterraneo e la respiri in tutta la sua ricchezza. Lascio la Sicilia (con l’idea di ritornarci presto) e fuori quella mattina piove, ma mi fa sorridere ancora tutta la luce che ho respirato, e mi fa sorridere pure la dissertazione idiomatica tra loti e cachi. Come tutto il resto, frame di un giornata vissuta su un set, con l’odore delle melanzane fritte da Rosa in cucina, e quello del miele che mi passava sotto il naso…

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