Pensiero del giorno

•‎In un momento della vita, al momento giusto, bisogna poter credere all'impossibile Christa T. - di Christa Wolf

lunedì 25 luglio 2011

L’ultima “badgirl” della musica pop

Un numero, il 27, che a sentirlo ripetere in questi giorni, sembra la tragica Cabala dei “poeti maledetti” del nostro tempo. Qualcuno l’ha già definita la maledizione dei 27, la stessa età in cui morirono altri miti del panorama musicale internazionale come Kurt Cobain, Janis Joplin, Brian Jones, Jim Morrison, e Jimmi Hendrix. Un destino comune e una vita altrettanto simile, “sesso, droga, alcol e rockroll”.

Uno stile di vita che Jim Morrison, icona rock degli anni 60, rese la sintesi perfetta di quella controcultura di evasione che dominava l’epoca. Ma oltre la droga e il rockroll c’era qualcosa di più profondo e doloroso, che solo chi si ferma in superficie non vede. È stato così anche per Amy Winehouse, anche se ora la cronache gossip di tutto il mondo, ne celebrano il mito con la rassegnazione e il voyeurismo cannibale, di chi dietro quella morte, ci vede solo la fine scontata di una tossicodipendente alcolista. Non è così, la droga e l’alcol sono solo gli eccessi e le sabbie mobili in cui scivola chi non ce la fa a vivere. È questione di fragilità, le stesse che venivano catarticamente trasformate in pezzi soul di struggente intensità quando cantava.

“L’amore è una partita persa” cantava Amy in Love is a losing game, e di quella sconfitta probabilmente lei, giovane, fragile e dannata icona blues, identità che non le importava nemmeno di vestire, ne ha fatto la sorte in cui affogare. Anche sfidare la morte può essere una battaglia persa, chi la conosceva bene negli ultimi giorni, racconta di averla vista comprare una quantità indicibile di droghe, la ricerca disperata e forsennata di venire ingoiata dal vuoto, forse, solo una fuga disperata dalle sue ossessioni. Una fuga dalla vita che si è realizzata nella notte di venerdì, con un mix micidiale di alcool e qualche pasticca “sbagliata”, come si vocifera. Solo qualche giorno fa, rimbalzava sulle cronache rosa di tutto il mondo, la notizia che la pop-star era stata accusata di stalking, dall’ex marito Blake Fielder Civil, con il quale era stata sposata dal 2007 al 2009, un periodo coinciso con la sua inarrestabile ascesa nell’olimpo delle popstar del secolo.

Back to Black, l’album che l’ha consacrata al successo, fu pubblicato nel 2006 e il singolo Rehab, divenne tormentone pop e manifesto di una confessione trasformata in note. C’è forse una linea sottile superata la quale, la mente si perde in un mare di follia, dove emozioni e sentimenti diventano l’unica ragione di vita, il martirio di un’esistenza. La stessa follia che la spinse qualche tempo fa, durante un’intervista a incidersi con un pezzo di vetro, una frase sulla pancia “Love blacke”, un’altra estrema dichiarazione d’amore verso l’ex. Famiglia e management la imploravano di curarsi, ma lei si rifiutava, in un’intervista dichiarò: «Ho chiesto a mio padre se pensava che ne avessi bisogno. Ha detto "no, ma dovresti provarci". Quindi l'ho fatto, solo per 15 minuti. Ho detto "ciao" e ho spiegato che bevo perché sono innamorata e ho rovinato la mia relazione. Poi sono uscita».

Una bad girl, così come veniva definita, che non era altro che un’ultima dannata espressione di “Baudelairiana” memoria. «Non mi interessa di essere uno stupido modello per le ragazzine. Non mi interessa nulla e io per prima non ho una grande opinione di me. Ho semplicemente registrato un album che mi piace molto. Tutto qui».

Manuela Caserta

Pubblicato su Il futurista online il 25 luglio 2011

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